Dazi USA contro l’Italia: la tempesta perfetta per il Made in Italy
- Davide Mitscheunig
- 14 feb
- Tempo di lettura: 2 min

In questi giorni si respira un clima di grande incertezza per l’export italiano. L’amministrazione Trump minaccia dazi del 25% sui prodotti provenienti dal nostro Paese e, se questa misura entrasse davvero in vigore, rischieremmo di subire un contraccolpo pesantissimo su alcune delle nostre eccellenze più rappresentative: dal vino ai formaggi, dalle automobili alla moda, fino a settori come farmaceutica e acciaio.
La motivazione ufficiale ruota attorno all’idea che l’IVA europea, per l’Italia al 22%, penalizzi i prodotti americani e giustifichi una contro-misura commerciale. Al di là dell’aspetto politico, l’effetto pratico sarebbe un rincaro di almeno il 25% su molti articoli italiani, che diventerebbero meno competitivi e rischierebbero di perdere quote di mercato in uno dei principali sbocchi per il nostro export.
Quando sento parlare di queste possibili barriere doganali, il mio primo pensiero va a tutte le aziende che hanno puntato gran parte del proprio fatturato sul mercato statunitense senza diversificare. È un po’ come viaggiare con una ruota di scorta sgonfia: se succede un imprevisto, non hai molte opzioni di riserva. È chiaro che, di fronte a dazi del genere, le imprese maggiormente esposte al mercato USA potrebbero subire un contraccolpo immediato: calo delle vendite, riduzione dei margini di profitto e, nei casi più estremi, un rischio reale di insolvenza.
Ma se da un lato la prospettiva di un’“ondata di fallimenti” è concreta per chi non è preparato, dall’altro esiste sempre uno spazio per trasformare la crisi in opportunità. Se c’è una lezione che ho imparato negli anni, è l’importanza di saper esplorare nuovi mercati. La crescita impetuosa di Paesi in Africa, in Asia e nel Medio Oriente rappresenta una chance che potrebbe bilanciare le perdite su altri fronti. Chi ha già investito in queste aree si troverà ora avvantaggiato, perché potrà redistribuire il proprio export e non dipendere in modo esclusivo dalle vendite negli Stati Uniti.
Credo anche che in situazioni come questa diventi fondamentale lavorare sulla percezione del Made in Italy come sinonimo di qualità superiore. In una fase di rincari, diventa ancor più cruciale sottolineare il valore unico dei nostri prodotti: materie prime selezionate, manifattura artigianale, design e cura dei dettagli. Investire sul brand, formare la rete vendita e potenziare la presenza online possono aiutare a conservare una fetta di mercato negli Stati Uniti, nonostante i dazi.
È evidente che questa crisi potrebbe ridefinire interi equilibri nel commercio globale. Se davvero i dazi saranno applicati, molte aziende si troveranno a un bivio: adattarsi e rinnovarsi, oppure rimanere ferme e subire le conseguenze di politiche commerciali che puntano a proteggere i mercati interni altrui. A mio avviso, il futuro del Made in Italy si giocherà su un’unica parola: adattamento. E chi saprà anticipare i rischi e aprirsi a nuovi orizzonti, potrà trasformare anche una tempesta perfetta in un’occasione di rilancio.
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