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Investire a Dubai: nuove opportunità per PMI italiane.



Davide Mitscheunig a Duabi

Il sole del tramonto trasforma i vetri del Burj Khalifa in una cascata dorata che si riflette sulle acque del Dubai Creek. Ma non è lo sfarzo delle torri a catturare l'attenzione, mentre sorseggio il mio tea in un caffè di Al Fahidi. È il suono delle voci che si mescolano attorno a me: italiano, inglese, arabo, hindi, francese. È l'energia palpabile di una città che non dorme mai, dove ogni angolo racconta una storia di trasformazione e possibilità. Qui, dove il deserto incontra il mare e la tradizione abbraccia l'innovazione, si sta scrivendo una nuova pagina della storia imprenditoriale italiana.


Dubai non è più soltanto la città dei record e degli eccessi che conosciamo dalle cartoline patinate. Dietro la facciata scintillante si nasconde un ecosistema economico che sta ridefinendo le regole del gioco per le piccole e medie imprese europee, e in particolare per quelle italiane. Mentre l'Europa fatica tra burocrazia e incertezze fiscali, questa metropoli nel cuore del Golfo Persico offre qualcosa di rivoluzionario: la possibilità di fare business senza confini, in un ambiente dove l'agilità non è un'eccezione, ma la norma.


La storia di Dubai è la storia di una visione che si è fatta realtà in appena cinquant'anni. Quello che negli anni '70 era poco più di un villaggio di pescatori e commercianti di perle, oggi è diventato il ponte commerciale tra Oriente e Occidente, tra tradizione millenaria e futuro digitale. Sheikh Rashid bin Saeed Al Maktoum, il visionario che ha guidato questa trasformazione, amava ripetere: "Il mio nonno cavalcava un cammello, mio padre guidava un'auto, io volo in jet, mio figlio volerà in aerospatiale, ma suo figlio tornerà a cavalcare un cammello." Era la sua risposta a chi vedeva nell'oro nero l'unica fonte di ricchezza. Invece, Dubai ha scelto una strada diversa: quella della diversificazione, dell'innovazione, dell'apertura al mondo.


Oggi, il petrolio rappresenta meno del 5% del PIL di Dubai. Il resto viene dal commercio, dal turismo, dalla finanza, dall'immobiliare, dalla logistica e da un settore tecnologico in espansione che sta attirando talenti da tutto il mondo. Ma soprattutto, viene da una filosofia economica che mette al centro l'imprenditore, non la burocrazia. Qui, aprire un'azienda richiede giorni, non mesi. Qui, l'innovazione è incoraggiata, non ostacolata da normative anacronistiche.


Per le PMI italiane, abituate a navigare tra cavilli normativi e tasse che raggiungono facilmente il 50% del fatturato, investire a Dubai rappresenta una boccata d'ossigeno. Il sistema fiscale degli Emirati Arabi Uniti è tra i più favorevoli al mondo: niente imposta sul reddito personale, niente imposta sulle società per la maggior parte delle attività, niente imposta di successione. L'IVA, introdotta solo nel 2018, si ferma al 5%, una frazione di quello che le aziende italiane sono abituate a pagare.

Ma i numeri raccontano solo una parte della storia. La vera rivoluzione sta nell'approccio culturale al business. Mentre in Italia un imprenditore deve spesso giustificare il proprio successo, a Dubai viene celebrato. La ricchezza non è vista con sospetto, ma come il risultato naturale del merito e dell'ingegno. Questo cambiamento di mentalità ha effetti profondi: libera energie creative, incoraggia l'assunzione di rischi calcolati, premia l'eccellenza.


I settori che stanno attirando maggiormente le PMI italiane sono quelli dove il Made in Italy ha ancora un vantaggio competitivo forte: il food & beverage, la moda, l'arredamento, la meccanica di precisione, il design. Ma non solo. Dubai sta diventando un hub tecnologico regionale, con il governo che investe massicciamente in intelligenza artificiale, blockchain, energia rinnovabile. Le aziende italiane specializzate in cleantech, fintech e medtech trovano qui un terreno fertile per crescere e espandersi verso mercati che dall'Italia sarebbero difficilmente raggiungibili.


La posizione geografica di Dubai è il suo asso nella manica. In quattro ore di volo si raggiunge l'India, in otto l'Europa, in dieci la Cina. L'aeroporto internazionale è uno dei più trafficati al mondo, mentre il porto di Jebel Ali è il più grande del Medio Oriente. Per un'azienda italiana che vuole espandersi in Asia o Africa, Dubai non è solo una base logistica: è una piattaforma di lancio verso tre miliardi di consumatori.

La storia di Andrea, un mio cliente della provincia di Milano, racconta meglio di qualsiasi statistica cosa significhi questa opportunità. Tre anni fa, dirigeva una piccola azienda di componentistica per l'automotive in Lombardia. Fatturato stabile, clienti consolidati, ma anche costi crescenti e margini sempre più ridotti. La pandemia ha fatto il resto: ordini cancellati, liquidità in sofferenza, prospettive incerte. Invece di chiudere o ridimensionare, Andrea ha fatto una scelta coraggiosa. Ha aperto una filiale a Dubai, specializzandosi in componenti per veicoli elettrici destinati al mercato indiano e mediorientale.


Il risultato? Nel primo anno, la filiale di Dubai ha generato un fatturato superiore a quello della casa madre italiana, ma soprattutto, ha aperto nuovi orizzonti. Andrea ha stretto partnership con aziende cinesi e coreane, ha partecipato a tender governativi negli Emirati, ha sviluppato prodotti specifici per il clima desertico. La sua azienda non è più una PMI regionale, ma un player internazionale e tutto questo è stato possibile grazie alla flessibilità e all'apertura dell'ecosistema economico di Dubai.


Naturalmente, non tutto è rose e fiori. Trasferirsi a Dubai, anche solo con una parte dell'attività, significa affrontare sfide culturali e operative non indifferenti. Il caldo estremo per gran parte dell'anno, le differenze linguistiche e culturali, la necessità di comprendere dinamiche di mercato completamente diverse da quelle europee, ma per chi è disposto a mettersi in gioco, le opportunità superano di gran lunga le difficoltà.


La qualità della vita a Dubai è un capitolo a parte che merita attenzione. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, vivere negli Emirati può costare meno che in molte città italiane, soprattutto se si considera il rapporto tra costo della vita e reddito potenziale. Un appartamento di qualità in una zona residenziale come JBR o Dubai Marina può costare tra i 2.000 e i 5.000 euro al mese, cifre paragonabili a Milano o Roma, ma con standard abitativi spesso superiori. I supermercati offrono prodotti da tutto il mondo, incluse eccellenze italiane, e il sistema sanitario privato è di livello internazionale.


Le scuole internazionali sono numerose e di alta qualità, con programmi che vanno dal britannico all'americano, dal francese al tedesco. Molte famiglie italiane scelgono scuole che seguono il curriculum internazionale, preparando i propri figli a un futuro veramente globale. Il sistema educativo locale investe massicciamente nelle STEM e nelle competenze digitali, preparando una forza lavoro pronta per l'economia del futuro.


La sicurezza è uno dei punti di forza di Dubai. I tassi di criminalità sono tra i più bassi al mondo, e camminare da soli anche a tarda sera è normale quanto prendere un caffè al bar. Questo senso di sicurezza ha un valore inestimabile per chi viene da contesti urbani italiani dove la microcriminalità è diventata una preoccupazione quotidiana.


Il clima, spesso citato come ostacolo, in realtà ha due facce. Sì, i mesi estivi sono torridi, con temperature che superano facilmente i 40 gradi. Ma da ottobre ad aprile, Dubai gode di un clima perfetto: sole, temperature gradevoli, umidità bassa. È come avere otto mesi di primavera. E poi, la climatizzazione è ovunque: negli edifici, nei centri commerciali, nei mezzi pubblici. In molti casi, si vive il caldo meno che durante un'estate milanese in un ufficio senza aria condizionata.


La vita sociale a Dubai è sorprendentemente ricca e cosmopolita. La comunità italiana è numerosa e ben organizzata, con associazioni, eventi culturali, ristoranti che mantengono vive le tradizioni. Ma al tempo stesso, la possibilità di interagire con persone di oltre 200 nazionalità diverse arricchisce l'esperienza umana in modi impensabili. I bambini crescono naturalmente multilingue e multiculturali, un vantaggio competitivo inestimabile nel mondo globalizzato.


Per quanto riguarda la vita culturale, Dubai ha investito massicciamente negli ultimi anni. Il Dubai Opera, il Louvre Abu Dhabi a un'ora di distanza, festival cinematografici e musicali di livello internazionale, una scena artistica contemporanea in fermento. Certo, non è Firenze o Venezia per patrimonio storico, ma offre una vitalità culturale contemporanea che molte città europee si sognano.


Il sistema sanitario merita una menzione particolare. Gli ospedali privati di Dubai sono all'avanguardia tecnologica e attirano medici dai migliori centri mondiali. I costi, pur essendo sostenuti da assicurazioni private, sono spesso inferiori a quelli delle cliniche private italiane, con standard di servizio superiori. Molti europei vengono a Dubai per interventi chirurgici non urgenti, combinando cure mediche e vacanza.


L'integrazione digitale della città è impressionante. Praticamente ogni servizio pubblico è disponibile online o tramite app. Rinnovare il visto, pagare le bollette, prenotare servizi sanitari, tutto si fa con pochi click. La burocrazia, che in Italia può paralizzare un'impresa, qui è ridotta al minimo indispensabile. Il governo ha fissato l'obiettivo di diventare completamente paperless entro il 2025, e i progressi sono tangibili.


Guardando al futuro, Dubai si sta posizionando come capitale mondiale dell'innovazione sostenibile. Expo 2020, svoltosi nel 2021-2022, ha lanciato la Dubai 2040 Urban Master Plan, che prevede di rendere la città il miglior posto al mondo dove vivere entro il 2040. Gli investimenti in energia rinnovabile sono massicci: il Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park diventerà il più grande parco solare al mondo una volta completato.

La mobilità urbana si sta trasformando rapidamente. La metropolitana di Dubai, già una delle più moderne al mondo, si sta espandendo. I taxi volanti non sono più fantascienza: i primi test sono già iniziati. L'obiettivo è che il 25% degli spostamenti avvenga con mezzi autonomi entro il 2030. Per un imprenditore, questo significa opportunità di business in settori che in Europa sono ancora in fase embrionale.


L'intelligenza artificiale e la blockchain non sono buzzword, ma realtà operative. Il governo di Dubai usa la blockchain per i servizi pubblici, rendendo ogni transazione tracciabile e sicura. Per le aziende, questo significa efficienza, trasparenza, riduzione dei costi. Molte startup italiane nel settore fintech trovano a Dubai un terreno di sperimentazione che in Europa sarebbe impensabile, tra normative restrittive e resistenze culturali.


Il settore dell'eCommerce è in esplosione, trainato da una popolazione giovane, digitalizzata e con alto potere d'acquisto. Le aziende italiane che riescono a posizionarsi in questo mercato hanno l'opportunità di crescere in modo esponenziale. Piattaforme come noon.com, l'Amazon del Medio Oriente, offrono alle PMI italiane visibilità su mercati che dall'Italia sarebbero irraggiungibili.


Forse l'aspetto più affascinante di Dubai è la sua capacità di reinventarsi continuamente. Quello che oggi è un hub commerciale e turistico, domani potrebbe essere qualcos'altro. La città ha dimostrato una flessibilità e una capacità di adattamento che sono lezioni preziose per qualsiasi imprenditore. Non a caso, molti business school internazionali stanno aprendo campus a Dubai, attirati dalla possibilità di studiare in tempo reale un modello di sviluppo economico unico al mondo. L'attrazione per gli imprenditori italiani non è casuale, Dubai rappresenta tutto quello che molti sognano per l'Italia: efficienza, meritocrazia, visione a lungo termine, apertura internazionale. Ma soprattutto, rappresenta la possibilità di far crescere la propria azienda senza i vincoli che spesso caratterizzano l'ambiente imprenditoriale europeo.

Certo, non tutti possono o vogliono trasferire la propria attività negli Emirati. Ma anche chi resta in Italia può imparare qualcosa dall'esempio di Dubai. L'approccio al business, l'apertura all'innovazione, la capacità di vedere oltre i confini nazionali sono lezioni preziose. E per chi ha il coraggio di mettersi in gioco, Dubai offre opportunità che in Europa sembrano sempre più rare.


La comunità imprenditoriale italiana a Dubai cresce ogni anno. Non si tratta più solo di grandi multinazionali, ma sempre più spesso di PMI che hanno scelto di internazionalizzarsi partendo dal Golfo. Le storie di successo si moltiplicano, creando un effetto traino che attira nuovi investitori e imprenditori. Le istituzioni italiane stanno prendendo atto di questo fenomeno. Il consolato italiano a Dubai è sempre più attivo nel supportare le aziende italiane, mentre ICE (Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane) ha rafforzato la propria presenza nella regione. Anche le banche italiane stanno ampliando i loro servizi per supportare le aziende che vogliono espandersi negli Emirati.


Il networking è fondamentale, e Dubai offre opportunità uniche in questo senso. Eventi, conferenze, fiere settoriali si susseguono durante tutto l'anno. La Dubai Chamber of Commerce organizza regolarmente incontri B2B che permettono alle aziende italiane di entrare in contatto con potenziali partner e clienti da tutto il mondo. Il GITEX, una delle fiere tecnologiche più importanti al mondo, si svolge proprio a Dubai e attira ogni anno decine di migliaia di visitatori.


Al di là degli aspetti puramente economici, vivere e lavorare a Dubai significa fare parte di un esperimento sociale unico. Una città dove convivono pacificamente persone di ogni cultura, religione, background economico. Dove l'Islam moderato degli Emirati si combina con un'apertura mentale che stupisce chi arriva con pregiudizi. Dove le donne guidano, lavorano, fanno impresa senza limitazioni. Dove la tolleranza non è solo uno slogan, ma una realtà quotidiana. Per gli imprenditori italiani abituati a confrontarsi con un mercato domestico spesso asfittico e poco propenso al rischio, Dubai rappresenta una scossa salutare. Qui il fallimento non è uno stigma sociale, ma un'esperienza da cui imparare. Qui l'innovazione è incoraggiata, non osteggiata. Qui il successo è una possibilità concreta, non un miraggio.


Mentre il sole tramonta sul Creek e le luci della città si accendono una a una, chiudo il laptop e sorrido. Domani ho un incontro con un potenziale partner cinese, dopodomani con un fornitore tedesco. La mia azienda, qui ha trovato una dimensione internazionale che non avrei mai immaginato. Dubai non è solo una destinazione: è una porta verso il futuro. Una porta che sempre più imprenditori italiani stanno scegliendo di attraversare, scoprendo che oltre i grattacieli scintillanti c'è molto di più. C'è la possibilità di realizzare sogni che sembravano impossibili, in una città che ha fatto dell'impossibile la sua specialità.

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