top of page

La crisi in Medio Oriente è appena iniziata: cosa rischiano davvero gli imprenditori italiani?


Vista panoramica sullo Stretto di Hormuz al tramonto, con navi commerciali e atmosfera di tensione geopolitica
Il cuore come bussola nell’era dei blocchi globali.

Viviamo un tempo contraddittorio: l’informazione è immediata, ma la comprensione è lenta. È il paradosso dell’imprenditore contemporaneo: sapere tutto, ma capire poco. O peggio, capire tardi. La crisi in Medio Oriente non è un evento isolato: è un sintomo avanzato di un mondo che si sta polarizzando. E mentre la geopolitica si irrigidisce, gli spazi per chi fa impresa si restringono a meno che non si scelga di guardare oltre la superficie.


Il ritorno del mondo a blocchi: fine dell’illusione globale.

Per anni abbiamo creduto che la globalizzazione fosse irreversibile. Che bastasse essere “internazionali” per essere protetti. Oggi quella narrazione si sgretola. L’attacco statunitense ai siti nucleari iraniani del 22 giugno 2025 ha segnato un punto di svolta: il ritorno del mondo a blocchi. America ed Israele contro Iran. Russia silenziosa. Cina calcolatrice. Europa assente. Chi fa impresa in questo scenario non è più libero. È dentro uno schema. E deve imparare a muoversi dentro questo schema con lucidità, visione e strategia.


Scacchiera globale: come si muovono i poteri mentre noi guardiamo altrove.

Nel cuore di ogni crisi ci sono delle logiche, non solo degli eventi.

E chi fa impresa dovrebbe imparare a leggerle prima ancora dei report trimestrali o delle fiere di settore. Perché quando i governi cambiano rotta, quando i missili si alzano, quando la tensione diplomatica cresce… il business non resta neutrale.

Vediamo allora, senza filtri e con mente strategica, cosa sta facendo davvero ogni attore globale.


Iran: la rivolta silenziosa contro il tempo.

L’Iran è una nazione sospesa tra due ere. Da un lato, un regime teocratico che esercita ancora un controllo capillare attraverso apparati come il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie (IRGC) e le milizie Basij. Dall’altro, un popolo giovane, istruito, connesso, che non accetta più di vivere nel buio ideologico degli ayatollah.

Il movimento “Donna, Vita, Libertà” non è solo un grido di protesta: è la manifestazione di un cambiamento di paradigma. L’Iran pre-1979 era una nazione laica, proiettata verso l’occidente. L’attuale teocrazia è una gabbia, e sempre più cittadini, soprattutto donne e ragazzi, iniziano a sfidarla apertamente.

Ma qui sta il punto: il cambiamento potrebbe esplodere, oppure implodere. Il rischio é, secondo una parte del pensiero globale, un collasso simile a quello libico o siriano: instabilità diffusa, vuoto di potere, infiltrazioni straniere. E questo, per le rotte energetiche mondiali, sarebbe devastante.

Per chi ha a che fare con energia, logistica o mercati asiatici, diventa fondamentale oggi guardare l’Iran non come “terra proibita”, ma come barometro strategico è strategia necessaria.


Stati Uniti: da arbitri a shockmaker.

L’America ha chiuso con l’ambiguità. Con l’operazione “Midnight Hammer”, lanciata il 22 giugno 2025, il presidente Trump ha scelto la via dell’azione diretta: bombardieri stealth e missili Tomahawk per colpire i siti nucleari iraniani.

Ufficialmente: impedire all’Iran di dotarsi dell’atomica.Ufficiosamente: riaffermare che l’America comanda quando e come vuole.

Questo cambia tutto. Gli USA non sono più mediatori. Sono catalizzatori e ogni volta che agiscono così, innescano una reazione a catena: l’Iran ha già risposto, Israele è sotto pressione, i mercati tremano, le alleanze si spostano.

Una superpotenza in modalità "intervento" è sempre una fonte di volatilità globale.

Errore è ignorarla, va invece osservata con consapevolezza per anticipare le onde, non per subirle.


Israele: tra sopravvivenza e diplomazia chirurgica.

Israele combatte. Lo fa da sempre e oggi combatte su un doppio fronte: reale (Hamas, Hezbollah, IRGC) e simbolico (opinione pubblica internazionale, legittimazione morale).

L’obiettivo è triplice:


  1. Distruggere le reti militari che lo minacciano direttamente;

  2. Consolidare le alleanze con USA ed Europa;

  3. Zittire, almeno per ora, la questione palestinese.


Funziona?

Parzialmente, i risultati militari apparentemente arrivano, ma il prezzo umano, anche per la propria immagine, è altissimo.

Israele non è solo un paese in guerra: è un hub tecnologico, un mercato d’innovazione e una porta d’accesso agli equilibri atlantici. Chi investe o collabora qui, oggi, deve sapere come posizionarsi senza essere strumentalizzato.


Russia: il gioco lungo dell’erosione.

Putin non ha bisogno di sparare un colpo per vincere. La strategia russa è sottile e paziente: logorare i nemici lasciando che si colpiscano da soli.


  1. Più caos in Medio Oriente = meno attenzione sull’Ucraina.

  2. Più tensione nel Golfo = prezzo del petrolio più alto = entrate extra per Mosca.

  3. Più divisione in Europa = più spazio per muoversi diplomaticamente.


La Russia, oggi, guadagna punti stando ferma. E quando gli altri saranno esausti, probabilmente sarà pronta a colpire con precisione chirurgica sul piano militare, finanziario o energetico.


Cina: la pazienza del dominatore.

Pechino osserva e tesse. Non parteggia, ma parla con tutti: Iran, Israele, Russia, USA. Evita i conflitti ed investe strategicamente in ogni vuoto lasciato dagli altri.

Nel frattempo, coltiva relazioni nel Sud globale, rafforza la propria influenza su infrastrutture critiche (porti, cavi, risorse) e prepara, con metodo, la futura partita per Taiwan.

La Cina non vuole dominare oggi. Vuole essere l’unica rimasta domani.

Se fai business internazionale e non hai ancora relazioni attive, partnership culturali o visione orientata a Est, sei in ritardo.

La Cina sarà il nuovo standard globale in molte filiere entro dieci anni. O forse cinque.


Europa: potenza economica, confusione politica

L’Europa è divisa tra narrativa e potere reale.Ecco la fotografia:


  • Francia: Macron parla di autonomia strategica, ma nessuno lo segue davvero. Né a Bruxelles né in casa.

  • Germania: sostiene Israele per riflesso storico, ma lo fa con paura. Ha un motore economico forte, ma cammina su un filo sottile.

  • Regno Unito: formalmente alleato USA, ma ormai marginale nel gioco. Brexit lo ha reso elegante, ma irrilevante.


L’UE non ha una voce unica e questo, in tempi di crisi, è un handicap fatale. Le aziende europee sono forti, ma senza una cornice geopolitica condivisa rischiano di essere vulnerabili a ogni crisi esterna.

Servono alleanze trasversali, non solo “comunitarie”.


Italia: l’equilibrismo senza strategia.

L’Italia è sempre dalla parte “giusta”. Appoggia Israele, condanna l’Iran, tace su Gaza. Applaude dove serve, ma non guida, non anticipa, non difende.

Nel frattempo, ENI continua a negoziare gas con chiunque, le aziende operano in contesti instabili, e il dibattito interno si muove tra faziosità e distrazione.

L’imprenditore italiano non può più basarsi su “quello che fa il governo”. Deve diventare autonomo strategicamente, agendo come entità fluida, capace di stare in Italia ma parlare al mondo


Le nuove competenze imprenditoriali: gestione geopolitica e posizionamento mobile.

Chi fa impresa nel 2025 deve padroneggiare:


  • geopolitica e rischio paese,

  • doppie (o triple) sedi legali e fiscali,

  • comunicazione globale in più lingue,

  • una narrazione fluida, autonoma e cross-border.


Il brand monolitico è morto, vince chi riesce a parlare con credibilità a più mondi contemporaneamente.


Le scelte da fare adesso: il tempo dell’ambiguità è finito.

Tre azioni strategiche, da fare adesso:


  1. Esci dalla passività. Aspettare che “passi la crisi” non è una strategia. È una condanna.

  2. Diversifica la tua struttura. Apri una sede legale e operativa in contesti stabili (Svizzera, UK, Emirati). Non per scappare, ma per non essere mai bloccato.

  3. Parla al mondo con un’identità globale. Non basta vendere all’estero, serve essere percepiti come interlocutori credibili a livello internazionale.


Ultima riflessione: scegliere prima che lo facciano gli altri.

Il vero rischio, oggi, non è fare una mossa sbagliata, è non fare nulla.

Chi aspetta che tutto torni come prima, ha già perso, chi si muove con lucidità, anche in tempi confusi, può costruire la sua leadership futura.

Nel metodo ExPand®, parlo spesso di scelte invisibili che generano vantaggi visibili. Questo è uno di quei momenti.

Non si tratta di “internazionalizzarsi”, si tratta di rendere la tua azienda antifragile e di scegliere, con eleganza e precisione, da che parte della Storia stare.



Comments


©2023 by RaisingStar

bottom of page