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Vietnam lancia hub finanziari vs Singapore: opportunità per PMI.


Skyline moderno Ho Chi Minh City Vietnam con grattacieli e centro finanziario, simbolo nuovi hub finanziari internazionali

È l'alba del 15 dicembre 2024 quando nelle sale del Palazzo del Governo di Hanoi viene approvata la risoluzione 222/NQ-CP. Fuori, il traffico mattutino della capitale vietnamita scorre come sempre caotico lungo le strade che portano verso il quartiere Ba Dinh. Ma dentro quelle stanze, con una firma su un documento di poche pagine, il Vietnam ha appena lanciato la sua sfida più ambiziosa all'egemonia finanziaria di Singapore nel Sud-est asiatico. La decisione di creare due International Financial Centres a Da Nang e Ho Chi Minh City non è solo un'operazione di marketing territoriale: è il segnale che gli equilibri finanziari regionali stanno per essere riscritti, e che l'Europa deve prepararsi a riposizionare le proprie strategie di espansione asiatica.


Il fatto in numeri: quando un paese cambia pelle economica.

I dati dietro l'iniziativa vietnamita parlano chiaro. Con 97 milioni di abitanti e un PIL che ha raggiunto i 408 miliardi di dollari nel 2023, il Vietnam non è più solo la "fabbrica dell'Asia a basso costo". La crescita del PIL si è mantenuta stabilmente sopra il 6% negli ultimi cinque anni, mentre il settore dei servizi finanziari rappresenta ancora solo il 6,2% dell'economia nazionale, contro il 13,9% della media ASEAN. È precisamente questo gap che la risoluzione 222/NQ-CP intende colmare. Gli IFC (International Finance Center) di Da Nang e Ho Chi Minh City nasceranno con un mandato ambizioso: attrarre almeno 50 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri nel settore finanziario entro il 2030. Le prime stime governative prevedono la creazione di 200.000 posti di lavoro qualificati nei servizi finanziari avanzati, mentre le agevolazioni fiscali promesse includeranno aliquote ridotte al 10% per i primi cinque anni di operatività degli operatori internazionali.

Ma il vero dato che fa la differenza è geografico: Da Nang si trova a sole due ore di volo da Singapore, Hong Kong e Tokyo, mentre Ho Chi Minh City è già il centro economico naturale del Mekong Delta, una regione che da sola produce il 40% delle esportazioni nazionali. Non è casuale che il governo abbia scelto queste due città per creare quello che nelle intenzioni dovrebbe diventare il "corridoio finanziario del Vietnam meridionale".


Perché ora: la finestra geopolitica perfetta.

La tempistica dell'iniziativa vietnamita non è casuale e si inserisce in un contesto geopolitico che sta ridisegnando i flussi di capitale nell'Asia-Pacifico. La crescente tensione tra Stati Uniti e Cina ha spinto molte multinazionali occidentali a diversificare i propri hub finanziari e operativi trovando in Vietnam alternative sia alla Cina che ai tradizionali centri finanziari regionali percepiti come troppo esposti alle dinamiche del conflitto commerciale.


Singapore, pur mantenendo la sua posizione dominante, sta affrontando pressioni crescenti. Il costo della vita e degli uffici nella città-stato ha raggiunto livelli che iniziano a scoraggiare startup e PMI. Parallelamente, le normative sempre più stringenti sui flussi di capitale e la crescente attenzione alle questioni di compliance ESG stanno creando barriere d'ingresso più alte per operatori di media dimensione.


Il Vietnam ha saputo leggere questo momento, il paese ha mantenuto relazioni diplomatiche equilibrate sia con Washington che con Pechino, posizionandosi come "terza via" credibile. L'ingresso nel CPTPP (Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership) nel 2018 e gli accordi commerciali con l'UE hanno creato un framework legale che garantisce accesso privilegiato tanto ai mercati occidentali quanto a quelli asiatici.


La risoluzione 222/NQ-CP arriva inoltre in un momento in cui il sistema bancario vietnamita ha completato il proprio processo di consolidamento e modernizzazione; le quattro principali banche nazionali (Vietcombank, BIDV, VietinBank e Agribank) hanno raggiunto standard di capitalizzazione allineati con i parametri Basilea III, creando le precondizioni per ospitare operatori finanziari internazionali di livello superiore.


Effetti immediati sui mercati: segnali che vanno oltre i numeri.

La reazione dei mercati finanziari all'annuncio degli IFC vietnamiti è stata più significativa del previsto. L'indice VN-Index della borsa di Ho Chi Minh City ha guadagnato il 12% nelle quattro settimane successive all'approvazione della risoluzione, con i titoli bancari e fintech che hanno trainato il rally, ma il vero segnale è arrivato dai mercati valutari: il dong vietnamita si è rafforzato del 3,2% contro il dollaro US, la migliore performance tra le valute ASEAN nel primo trimestre 2025.


Più interessante ancora è stata la reazione degli investitori istituzionali regionali. Fondi sovrani di Singapore, Malaysia e Thailandia hanno iniziato ad allocare capitali verso il settore finanziario vietnamita, segnalando che l'iniziativa viene presa sul serio anche dai competitor regionali. Il Singapore Exchange ha registrato un aumento del 35% negli scambi di titoli vietnamiti, mentre i volumi di trading dei bond governativi del Vietnam denominati in dollari sono cresciuti del 28%.


Il settore immobiliare commerciale delle due città designate ha mostrato immediatamente segnali di fermento. I prezzi degli uffici di classe A a Ho Chi Minh City sono aumentati del 15% nel primo trimestre 2025, mentre a Da Nang si registra una crescita del 22%. Sviluppatori internazionali come CapitaLand (Singapore) e Gaw Capital (Hong Kong) hanno annunciato investimenti per oltre 2 miliardi di dollari in nuovi complessi per uffici e servizi finanziari.


Impatto per le imprese europee: tre orizzonti temporali di opportunità.

Per le imprese europee, e italiane in particolare, l'iniziativa vietnamita apre scenari di opportunità strutturati su tre orizzonti temporali distinti, ciascuno con caratteristiche e rischi specifici.


Orizzonte immediato (0-6 mesi): le opportunità più concrete riguardano i servizi di consulenza specialistica per l'implementazione degli IFC. Studi legali, società di consulenza normativa e provider di servizi fintech possono posizionarsi come partner privilegiati delle autorità vietnamite. L'esperienza italiana nel settore bancario e nella gestione del risparmio è particolarmente apprezzata in un paese che sta costruendo da zero il proprio ecosistema finanziario sofisticato.


Orizzonte medio (6-18 mesi): qui si concentrano le opportunità più interessanti per le PMI italiane del settore fintech e dei servizi finanziari. L'apertura delle procedure di registrazione negli IFC coincide con il momento in cui le normative attuative saranno pienamente operative. Le società italiane specializzate in payment systems, wealth management e insurtech possono considerare l'apertura di uffici di rappresentanza o joint venture con operatori locali.


Orizzonte lungo (18+ mesi): Le trasformazioni strutturali più profonde emergeranno quando gli IFC saranno pienamente operativi e avranno dimostrato la propria credibilità internazionale. A questo punto, l'opportunità sarà quella di utilizzare Vietnam come hub per l'espansione nell'intero mercato ASEAN, sfruttando le competenze acquisite localmente per penetrare mercati più complessi come Indonesia e Filippine.


Settori strategici: dove l'Italia può fare la differenza.

L'analisi dei settori di maggiore opportunità per le imprese italiane negli IFC vietnamiti rivela tre aree di particolare interesse strategico.


Fintech e digital banking: il Vietnam ha 70 milioni di utenti smartphone e uno dei tassi di adozione di pagamenti digitali più alti al mondo (83% della popolazione). Tuttavia, manca ancora un ecosistema maturo di servizi finanziari digitali sofisticati. Le startup italiane specializzate in open banking, robo-advisory e blockchain applications possono trovare un mercato ricettivo e in rapida crescita. La partnership con gruppi bancari locali come Techcombank e VP Bank potrebbe facilitare l'ingresso e accelerare la crescita.


Asset management e private banking: la crescente classe media vietnamita (stimata in 30 milioni di persone entro il 2030) genera una domanda crescente di servizi di gestione patrimoniale sofisticati. L'esperienza italiana nella gestione del risparmio familiare e aziendale può essere adattata alle specifiche culturali locali. L'opportunità è particolarmente interessante considerando che attualmente solo il 12% dei vietnamiti utilizza servizi di investimento, contro il 45% della media ASEAN.


Insurtech e gestione del rischio: il settore assicurativo vietnamita è ancora dominato da prodotti tradizionali e processi cartacei. L'innovazione tecnologica nel settore, combinata con l'expertise italiana nella gestione del rischio (particolarmente forte in settori come automotive e manufacturing), può creare opportunità significative. Il mercato assicurativo vietnamita cresce al 18% annuo ma ha un tasso di penetrazione di solo il 2,4% del PIL, lasciando ampio spazio per l'espansione.


Rischi da monitorare: le insidie dietro l'opportunità.

Nonostante le opportunità evidenti, l'iniziativa vietnamita presenta rischi strutturali che le imprese europee devono attentamente valutare prima di impegnarsi significativamente.


Il primo rischio è regolamentare: nonostante le garanzie governative, il Vietnam rimane un sistema a partito unico con capacità di cambiare rapidamente direzione politica. La stabilità normativa degli IFC dipenderà dalla continuità dell'attuale leadership e dalle pressioni geopolitiche esterne. Il precedente della Zona Economica Speciale di Van Don, i cui piani sono stati ridimensionati nel 2019, dimostra che anche progetti governativi ambiziosi possono essere rivisti.


Il secondo rischio è competitivo: Singapore non resterà inattiva davanti alla sfida vietnamita. La Monetary Authority of Singapore ha già annunciato nuove iniziative per rafforzare l'attrattività della città-stato, incluse riduzioni fiscali per startup fintech e procedure semplificate per l'ottenimento di licenze bancarie. Una "guerra degli incentivi" tra i due paesi potrebbe erodere rapidamente i vantaggi comparativi iniziali del Vietnam.


Il terzo rischio è operativo: la carenza di talenti qualificati nel settore finanziario rimane un limite strutturale. Nonostante gli investimenti in formazione, il Vietnam ha solo 45.000 professionisti con qualificazioni internazionali nel settore bancario e finanziario, contro i 180.000 di Singapore. Questo gap potrebbe limitare la velocità di crescita degli IFC e aumentare significativamente i costi operativi per gli operatori internazionali.


La lente dell'analisi strategica: leggere oltre i numeri.

Dal punto di vista dell'analisi strategica, l'iniziativa vietnamita rappresenta qualcosa di più profondo di una semplice politica di attrazione degli investimenti. È il segnale di una trasformazione strutturale dell'economia asiatica che vede emergere "potenze medie" capaci di competere con i tradizionali hub regionali.


Il modello vietnamita combina elementi del "Singapore model" (stabilità normativa, incentivi fiscali, infrastrutture moderne) con vantaggi specifici di un mercato emergente (costi operativi inferiori, mercato domestico in rapida crescita, posizionamento geopolitico neutrale). Questa combinazione potrebbe risultare particolarmente attrattiva per operatori europei che cercano alternative ai costosi hub tradizionali senza rinunciare a standard normativi elevati.


Tuttavia, il successo dell'iniziativa dipenderà dalla capacità del Vietnam di mantenere un equilibrio delicato tra apertura internazionale e controllo governativo. Gli IFC dovranno dimostrare di poter operare con genuina indipendenza dalle pressioni politiche locali, pur restando allineati con le priorità strategiche nazionali.


La vera sfida sarà creare un ecosistema che sia contemporaneamente attrattivo per gli investitori internazionali e funzionale agli obiettivi di sviluppo economico nazionale. Singapore ci ha messo cinquant'anni per costruire questa credibilità; il Vietnam dovrà accelerare drammaticamente questo processo per competere efficacemente.


Watchlist operativa: cosa seguire nelle prossime settimane.

Per gli imprenditori europei interessati a valutare concretamente l'opportunità vietnamita, alcuni indicatori chiave meritano monitoraggio costante nelle prossime settimane.


Primo indicatore: l'evoluzione del numero di licenze approvate mensilmente. Da giugno 2025, quando sono iniziate le operazioni, il ritmo di approvazione è stato di 4-6 nuove autorizzazioni al mese. Un'accelerazione significativa di questo trend verso 8-10 approvazioni mensili entro fine 2025 segnalerebbe il consolidamento dell'attrattività degli IFC.


Secondo indicatore: l'evoluzione dei tassi di cambio dong/dollaro e dong/euro. Una volatilità eccessiva potrebbe segnalare pressioni speculative o incertezze macroeconomiche che potrebbero compromettere la stabilità operativa degli IFC.


Terzo indicatore: l'annuncio di ulteriori operatori di livello sistemico dopo il successo della Kasikornbank. L'arrivo di una seconda o terza banca internazionale di primo piano entro fine 2025 confermerebbe la solidità dell'ecosistema.


Quarto indicatore: le contro-mosse di Singapore, che dovrebbero materializzarsi entro il primo trimestre 2026. La Monetary Authority of Singapore ha già iniziato a rivedere i propri incentivi fiscali, eventuali annunci di pacchetti competitivi segnaleranno che la sfida vietnamita è percepita come seria.


Quinto indicatore: l'evoluzione della pipeline immobiliare: i progetti annunciati nel 2025 dovranno dimostrare di trovare inquilini internazionali qualificati per le consegne del 2026-2027. Il tasso di pre-locazione sarà un indicatore chiave della fiducia degli operatori.


La partita del secolo per l'Asia finanziaria.

Mentre il sole tramonta su Ho Chi Minh City e Da Nang si prepara alla notte di questo settembre 2025, i primi bilanci dell'iniziativa vietnamita iniziano a delinearsi. Nove mesi dopo quella firma a Hanoi, nelle sale riunioni dei grattacieli di Singapore i pianificatori strategici non stanno più solo rivedendo previsioni: stanno reagendo a una realtà che si sta consolidando rapidamente. Il Vietnam non ha solo lanciato la propria sfida, ha iniziato a vincerla. Per gli imprenditori europei che non si sono ancora mossi, la finestra di opportunità si sta restringendo, ma non è ancora chiusa. Chi saprà agire nei prossimi mesi potrebbe ancora trovarsi in una posizione di vantaggio quando la partita per la nuova geografia finanziaria dell'Asia entrerà nella fase decisiva.

La geografia finanziaria dell'Asia sta cambiando sotto i nostri occhi. Chi saprà leggere per primo questi segnali e agire di conseguenza potrebbe trovarsi tra qualche anno a guardare l'evoluzione del mercato da una posizione di vantaggio unica. La partita è iniziata, e il Vietnam ha appena alzato la posta.

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