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Da auto e banche a yuan e oro: cosa ci sta davvero dicendo il mercato globale oggi?

A una prima lettura, oggi sembrerebbe solo un’altra giornata nei notiziari finanziari globali. Un misto di dichiarazioni diplomatiche, numeri di bilancio e voci di corridoio. Ma se si mettono insieme le tessere, si scopre un mosaico che racconta una direzione ben precisa.

Una direzione che riguarda tutti: chi produce, chi esporta, chi investe, chi vuole difendere valore e costruire futuro. In fondo, il mercato globale oggi, non urla. Sussurra. Ma chi sa ascoltare capisce quando è il momento di muoversi.

Grafico di andamento dei mercati globali con focus su auto, banche, yuan e oro nel contesto geopolitico attuale.

Il dollaro traballa, ma è la fiducia che scricchiola.

Secondo l’analisi di New Vision Wealth, il dollaro potrebbe perdere fino al 40% del suo valore in tre anni. Affermazione pesante, certo, ma se la guardiamo da un altro angolo, è anche perfettamente coerente con ciò che sta accadendo.

Gli Stati Uniti stanno vivendo una crisi interna di leadership e credibilità. I continui attacchi alle istituzioni, dalla Fed alla stampa, stanno minando la percezione di stabilità che per decenni ha reso il dollaro una valuta rifugio globale.

Il punto non è se accadrà. Il punto è che troppi operatori iniziano a comportarsi come se stesse già accadendo. E in finanza, la percezione anticipa sempre la realtà.


Trump e le tariffe: tregua apparente, strategia esplicita.

La sospensione parziale delle tariffe sui componenti auto da parte dell’amministrazione Trump non è un segnale di apertura. È un colpo ben piazzato nella partita a scacchi geopolitica.

La dinamica è chiara: colpire, lasciare il segno, poi offrire uno spiraglio, ma sempre mantenendo il controllo della narrativa. Questo movimento consente a Trump di mostrarsi “ragionevole” davanti agli elettori interni e agli investitori, senza perdere un grammo di potere negoziale.

Chi guarda a questa mossa come a un gesto distensivo, sbaglia approccio. Qui non c’è negoziato. C’è una campagna di pressione economica ben orchestrata.


Cina: la risposta è sistemica.

Dall’altra parte, la Cina non cede. Wang Yi, il ministro degli esteri, ha lanciato un messaggio chiarissimo: chi si piega agli USA alimenta un bullo.

È molto più di una battuta.

È una cornice strategica che la Cina sta promuovendo all’interno dei BRICS e nei Paesi non allineati: gli USA non sono più un modello, ma un problema.

Il messaggio ha una risonanza globale perché si inserisce nel vuoto di fiducia che gli USA stessi hanno contribuito a creare. E ogni dichiarazione di Trump sembra rafforzare questa narrativa, anziché indebolirla.


Le banche volano: chi sta davvero vincendo?

Nel frattempo, HSBC sorprende tutti con utili pre-tasse a 9,48 miliardi di dollari. Il buyback da 3 miliardi e i dividendi in crescita mostrano una solidità apparente.

Ma è proprio questa “apparente” che merita attenzione. In mezzo a un clima di incertezza, come fanno alcune banche globali a performare così bene? C’è chi sostiene che abbiano già “prezzato” la direzione dei mercati, o che stiano beneficiando di una riallocazione di capitali da asset più volatili.

La verità? Qualcuno ha già le informazioni che al mercato arriveranno tra sei mesi. E non sono gli imprenditori.


Settore auto in difficoltà, oro in ascesa.

Il comparto automotive globale continua a sotto performare. Non è solo colpa della transizione elettrica. È una tempesta perfetta: tariffe variabili, crollo della fiducia nei mercati emergenti, e una frammentazione delle catene di fornitura.

Quando i governi diventano giocatori attivi, l’autonomia delle imprese si riduce. E questo il mercato lo sconta immediatamente.

Intanto l’oro continua la sua corsa. Non perché aumenti il suo valore intrinseco, ma perché il dollaro perde status. È un riflesso, non una causa. E in ogni fase di incertezza, l’oro, o qualsiasi bene percepito come “rifugio reale”, riaffiora.


La vera guerra è interna.

Quella che stiamo vivendo non è solo una guerra commerciale tra blocchi geopolitici. È soprattutto una guerra intestina agli Stati Uniti.

Una battaglia per la narrazione, per il controllo delle istituzioni, per la ridefinizione del ruolo stesso dell’America nel mondo.

E Trump, già tornato alla Casa Bianca, ha scelto la sua traiettoria. Non arretrerà. Né davanti alla Fed, né davanti alla Cina, né davanti all’Europa. La sua logica è win-at-all-costs.

E quando una superpotenza si muove con questa determinazione, chi fa impresa deve smettere di leggere le notizie come fatti isolati e iniziare a leggerle come pattern, segnali, direzioni.


Cosa penso: il tavolo non è il tuo posto. Il tavolo sei tu.

In questo scenario di tensione silenziosa, dove i giochi di potere si fanno dietro le quinte e le regole cambiano senza preavviso, continuare a chiedersi “da che parte stare” è il modo più rapido per restare fuori dal gioco.

Perché se ti siedi al tavolo, hai già accettato il suo schema; hai accettato che qualcuno ti serva o ti us, che qualcuno decida per te i margini, le alternative, le conseguenze. E allora no. Io il tavolo non lo cerco. Io il tavolo lo disegno.

Lo costruisco attorno a me, con chi ha visione. Lo alzo su gambe solide fatte di know-how, strategia e capacità di muoversi tra le fratture del mondo. Lo rendo così utile che saranno gli altri a volerci sedere. Alle mie condizioni.

Chi gioca tra Est e Ovest è ancora convinto che ci sia un centro.Chi ha capito il mondo, oggi, diventa il proprio asse.

Nessun governo, nessuna banca centrale, nessun algoritmo deciderà la traiettoria della mia impresa. Perché non sono qui per partecipare al sistema. Sono qui per riscriverlo.

 
 
 

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