top of page

Cooperazione post-Brexit: una nuova intesa tra UK e UE.



Vista panoramica del Parlamento di Londra al tramonto, simbolo della nuova cooperazione tra UK e UE

In un mondo in cui le fratture sembrano moltiplicarsi, il dialogo torna ad essere una risorsa rara e potente.

Il summit tra Regno Unito e Unione Europea, il primo ufficiale dal 2020, rappresenta un segnale forte: dopo la Brexit, è tempo di riallineamenti.

Difesa, mobilità, alleanze industriali.

Non si tratta solo di trattati, ma di geografie mentali che cambiano.

Per chi opera o vuole operare oltre confine, questa intesa non è solo diplomazia. È contesto. È finestra di opportunità. È, forse, un invito implicito a ripensare come stiamo al mondo, nel business e nella strategia.


Brexit non è più un muro: si torna a costruire ponti.

L’intesa siglata in occasione del summit, cooperazione difensiva, accesso agevolato ai confini e visione condivisa, mostra un cambio di passo netto rispetto ai toni rigidi degli ultimi anni. La narrativa del “prendere le distanze” sembra lasciare il posto a una logica di interdipendenza pragmatica, di cooperazione post-Brexit, accelerata da due fattori esterni:

• la nuova assertività americana sul fronte commerciale, con dazi minimi del 10% già previsti tra UK e USA;

• la pressione esercitata dalla guerra in Ucraina, che obbliga UK ed Europa a un coordinamento di sicurezza più fitto.

In questo scenario, l’Unione Europea e Londra smettono (almeno formalmente) di percepirsi come avversari commerciali. Non è un ritorno al passato, ma una forma nuova di coesistenza strategica, dove la competizione cede spazio alla costruzione di sistemi compatibili.


Per le imprese italiane, torna il momento di guardare a Londra.

Negli ultimi anni, molte PMI italiane hanno congelato o ridotto le attività verso il Regno Unito. Motivi? Burocrazia aumentata, incertezza normativa, sterlina instabile, e una percezione di “chiusura culturale” post-Brexit.

Ma ora, le cose potrebbero cambiare. L’accesso agli e-gates per viaggiatori business, i nuovi framework sulla collaborazione tecnologica e la semplificazione di alcuni processi doganali annunciano un graduale rientro alla normalità operativa.

Chi saprà muoversi per primo potrà beneficiare non solo della nuova stabilità, ma anche di un contesto ancora poco affollato da concorrenti europei. Come sempre, il vero vantaggio competitivo è per chi non aspetta i titoli sui giornali per agire.


La geoeconomia richiede visione fluida, non identità rigide.

Brexit ha costretto molti imprenditori a ragionare in termini binari: dentro o fuori. UK o Europa. Protezione o espansione. Oggi si torna invece a una logica multilivello: fare impresa in un’area significa saper costruire ponti operativi tra più sistemi, giuridici, culturali, logistici. E per farlo servono nuove competenze:

• Comprensione dei nuovi accordi multilaterali.

• Flessibilità nell’organizzazione fiscale e doganale.

• Capacità di presidiare più mercati con un’identità coerente ma adattiva.

Chi sta costruendo la propria strategia internazionale in modo strutturato, e non più episodico o opportunistico, avrà un netto vantaggio.


Londra non è più una meta, ma un nodo strategico nel nuovo ordine europeo.

Il vero messaggio del summit non è solo politico. È culturale.

Londra non è più la capitale di un Paese "altro", ma un nodo strategico del sistema Europa, pur formalmente fuori dall’Unione. Per questo, diventa sempre più utile pensare alla presenza internazionale come un ecosistema, dove certe alleanze vanno lette con anticipo, e certi segnali vanno interpretati nel momento in cui emergono, non quando è troppo tardi per cavalcarli.

In quest’ottica, il posizionamento di un’azienda sui mercati internazionali non può più essere solo reattivo. Serve una direzione. Una visione. E un metodo che sappia tenere insieme complessità, adattabilità e progettualità di lungo periodo.


Ultima riflessione.

Le relazioni tra UK e UE si stanno trasformando sotto i nostri occhi, e con esse le regole implicite del gioco globale.

Mentre il mondo si polarizza, chi sa costruire ponti intelligenti, tra culture, tra normative, tra modelli economici, avrà più spinta e più spazio.

Non si tratta solo di sapere dove andare, ma di saperci stare, con equilibrio e strategia.

E questo richiede un nuovo tipo di imprenditore. Uno che non aspetta, ma legge il contesto e si muove. Con metodo, visione e… presenza internazionale attiva.

Comments


©2023 by RaisingStar

bottom of page