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Forest City: la città fantasma da 100 miliardi e la lezione per il business.

Veduta di Forest City

Doveva essere la nuova frontiera del real estate internazionale. Un modello urbano sostenibile, pensato per 700.000 persone, affacciato sulle acque tra la Malesia e Singapore. E invece oggi Forest City è deserta, silenziosa, circondata da palme che crescono tra i marciapiedi. Un investimento da 100 miliardi di dollari ridotto a un ecosistema vuoto.

Non è solo una storia di cemento e fallimenti. È un monito per chiunque oggi stia progettando un’espansione internazionale. Perché non basta avere visione. Serve metodo. Serve aderenza. Serve una comprensione lucida dei contesti in cui si opera.


La visione, da sola, non basta.

Forest City era una promessa: verticalità verde, smart city, lifestyle di lusso, ma era una promessa tagliata su un target inesistente. Pensata per la classe media cinese, costruita in Malesia, proposta a prezzi completamente fuori scala rispetto al mercato locale.

Il problema non è mai solo l’idea. È l’incapacità di vedere se quell’idea ha terreno fertile per crescere. Troppe aziende italiane all’estero replicano lo stesso errore: esportano sogni confezionati per il mercato interno, sperando che funzionino ovunque, ma i mercati non aspettano. Né si adattano alla tua narrazione.


Senza basi solide, anche i giganti crollano.

Forest City ha dovuto fare i conti con un limite molto concreto: il terreno era instabile, i vincoli ambientali ignorati, le strutture troppo veloci, troppo leggere. Alcuni edifici hanno mostrato crepe dopo pochi anni. Le fondamenta non sono solo ingegneristiche. In ogni business internazionale, le basi vanno cercate nella governance, nelle norme, nella fiscalità, nei flussi finanziari ammessi, nella sostenibilità operativa. È qui che si gioca la vera due diligence, quella che non appare nelle presentazioni, ma decide la vita o la morte di un progetto.


Se non conosci il campo, non puoi giocare la partita.

l progetto era gestito da Country Garden, uno dei maggiori sviluppatori cinesi, ma né il gruppo, né molti dei consulenti coinvolti conoscevano veramente il contesto malese. Le normative sui visti sono cambiate, il flusso di capitali dalla Cina si è interrotto, e il progetto è collassato su sé stesso. Ogni paese ha le sue regole non scritte. Culturali, istituzionali, legali. E ogni paese ha un tempo e un ritmo che bisogna rispettare. Se ti muovi da solo o ti affidi a chi non ha messo radici sul territorio, corri un rischio enorme: quello di non capire cosa sta succedendo fino a quando è troppo tardi.


Non è tutto oro quello che luccica.

Forest City brillava. Le brochure erano perfette, i rendering mozzafiato, i titoli dei giornali entusiasti. Eppure, oggi, migliaia di appartamenti sono invenduti. I centri commerciali restano chiusi. I sogni si sono spenti, lasciando solo un’eco urbana.

La vera lezione? I progetti fatti male brillano molto all’inizio. Ma poi bruciano. E chi si è lasciato convincere da narrazioni troppo lucide, oggi si ritrova con il cerino in mano.


Una riflessione per chi guarda oltre confine.

Forest City è una metafora, non dell’azzardo, ma dell’approssimazione. Della fiducia cieca nel potenziale senza fare i conti con la realtà. È il promemoria di quanto sia facile innamorarsi dell’idea di espandersi all’estero… e quanto sia difficile farlo davvero bene.

Espandersi richiede metodo. Un metodo che metta insieme visione strategica, adattamento culturale, analisi geopolitica e una profonda sensibilità verso il “non detto” di ogni contesto.

Ogni mercato è un sistema vivente. E come ogni sistema, ha bisogno di attenzione, studio, rispetto. Serve uno sguardo che vada oltre l’apparenza, un metodo che non si limiti a spingere all’estero, ma che accompagni le aziende a radicarsi con intelligenza e coerenza.

Il tuo progetto può crescere ovunque, solo se nasce su fondamenta vere.


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